“Nei prossimi 7 anni si registrerà la fuoriuscita dal circuito produttivo di una larga fetta di lavoratori che riguarderà tutti i settori produttivi, avrà un impatto particolare sulla piccola e media impresa e interesserà figure artigiane e imprenditoriali che si sono formate negli Anni 70. Si tratta di un fenomeno preoccupante se sommato a quello dei Neet che in Italia conta almeno 2 milioni. Senza la formazione professionale le carenze nell’offerta di operai e tecnici specializzati aumenteranno. I primi vent’anni del nuovo millennio hanno dimostrato che la formazione scolastica e universitaria da sole non bastano a soddisfare le esigenze di un mercato del lavoro che sta cambiando velocemente”.
Sono alcuni dei temi che saranno discussi a Roma in occasione della XXXII edizione del Seminario di formazione europea dal titolo “Per i giovani e per il rilancio del Paese”, organizzato da Ciofs FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane Formazione Professionale – e Forma con il patrocinio della Regione Lazio, in programma il 21-22 ottobre 2020 a Roma.
Alla due giorni di incontri e dibattiti previsti gli interventi, tra gli altri, di Tiziano Treu, Presidente CNEL; Elena Bonetti, Ministra delle Pari Opportunità; Anna Ascani, Viceministra dell’Istruzione; Francesca Puglisi, Sottosegretario al Ministero del Lavoro; Chiara Riondino, Capo Unità responsabile della FP-Commissione Europea; Sebastiano Fadda, presidente INAPP; Paola Nicastro, direttore generale ANPAL; Angelo Colombini, segretario confederale CISL e Giovanni Brugnoli, vicepresidente Confindustria e di diversi Assessori regionali alla formazione e lavoro.
“Il mondo del lavoro percepisce sempre più chiaramente che deve collaborare con Europa, Stato e Regioni ai processi formativi necessari non solo per la sua sopravvivenza, ma soprattutto per il suo sviluppo in un mondo contrassegnato da tecnologie sempre più innovative. L’ideale sarebbe una decisa ristrutturazione del sistema dell’IeFP, che completi in maniera chiara i percorsi formativi dai quindici anni ai ventidue-ventitré anni, come in Germania, impostando i percorsi in stretta collaborazione con il mondo del lavoro. Nel XXXII Seminario Europa presenteremo una interessante proposta di sperimentazione in questo senso, per il completamento della filiera attraverso il passaggio dalla IeFP agli ITS ”, dichiara suor Manuela Robazza, presidente nazionale CIOFS/FP.
“La pandemia ha accentuato processi già presenti da tempo. La velocità del cambiamento, la nascita di nuovi ambiti di sviluppo che richiedono competenze poco presenti nell’offerta del sistema educativo, la crescita di innovazioni tecnologiche e green che aprono a nuovi modelli e paradigmi, generano, in modo crescente, un effetto spiazzamento per molti lavoratori. Innanzitutto, c’è un problema strutturale che si protrae da decenni e che anche in questi tempi emerge in tutta la sua drammaticità. Siamo un Paese che spende tanto, come è doveroso, soprattutto nell’emergenza, in politiche passive (cassa integrazione, reddito di cittadinanza, sussidi di diversa natura…) ma investe poco in politiche attive (formazione professionale, accompagnamento al lavoro…). Volendo semplificare, si potrebbe dire che rischiamo di abituarci ad essere una società di sussidiati; una società che pensa a come distribuire la ricchezza senza porsi il problema di come produrla. Difendiamo i posti di lavoro, ma non sempre il lavoratore. Occorre fare anche il movimento contrario: investire in modo significativo sull’educazione e sulla formazione professionale per preparare i giovani alle sfide del futuro e per aiutare chi perde il lavoro a sviluppare conoscenze e competenze che gli impediscano di scivolare ai margini della vita sociale e lavorativa”, aggiunge Paola Vacchina, presidente di Forma, che ha presentato al Governo un piano straordinario per la competitività e l’occupazione che prevede un investimento di 6,7 miliardi in 5 anni.
Il 23,4% dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora, i 2/3 dei bambini con genitori senza istruzione superiore restano allo stesso livello e solo il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni in Italia ha almeno un titolo di studio di livello secondario a fronte di una media Ue del 78,7%. La quota di popolazione con titolo di studio terziario continua a essere molto bassa: il 19,6% contro il 33,2% dell’Ue. Solo il 41% degli adulti partecipa ad attività di formazione (contro il 52% in Germania e il 51% in Francia); il 47% degli italiani è analfabeta funzionale, cioè è incapace di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle varie circostanze della vita quotidiana.
“Come sistema Paese non ci possiamo più permettere questi gravi deficit strutturali: la risoluzione dei problemi strutturali e atavici rappresentati dai bassi livelli di istruzione e dalla mancanza di professionalità specializzate, con conseguenti e ridotti livelli di produttività, non è più procrastinabile” conclude Vacchina.
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